Ho rischiato ed ho investito i soldi che occorrevano a comprarmi prima un paio di scarpe da corsa, poi un paio di pantaloncini, dei fantasmini e una maglietta traspirante, ovviamente tutto materiale tecnico, come era spiegato nei dettagli all’interno del magazzino sportivo.
Il rischio stava nel fatto che non avevo la più pallida idea se avrei corso per 5 minuti per poi lasciare subito perdere oppure se esisteva qualche possibilità che la faccenda diventasse continuativa.
Mi dicevo, come al solito, che forse avrei dovuto fare come la maggior parte delle persone e che queste mi avrebbero considerato per lo meno avventato se avessero saputo che mi ero comprato l’attrezzatura senza aver prima provato un po’ di volte.
Peraltro lo avevo già fatto molto tempo prima con gli imbraghi da arrampicata, rimasti per anni in cantina prima che scoprissi che ormai erano stati superati da altri più funzionali e che quelli di quel tipo non li usava più nessuno (mi era stato anche detto con un tono vagamente di disprezzo).
Tutto ciò non mi aveva fatto desistere, comunque.
Avevo rischiato lo stesso.
Quindi, tornato a casa, avevo messo le scarpette, indossato maglietta e pantaloncini ed ero partito fiducioso sulla strada del paese dove all’epoca vivevo, cominciando a scaldarmi camminando per poi cominciare a corricchiare dopo qualche minuto.
La mia prima uscita fu disastrosa: dopo 4 minuti ero fermo e zoppicavo a testa bassa sulla strada del ritorno a casa, vergognandomi come un cane per avere pubblicizzato la ripresa dell’attività sportiva a mezza famiglia, nemmeno fosse tornato a correre il “Figlio del Vento”.
Mentre mestamente tornavo indietro, la mia mente risuonava di rimproveri:
“Non ti ricordi che l’ultima volta che hai provato a correre ti faceva male il ginocchio, proprio come adesso? Non ti ricordi che sono passati almeno 15 anni e se avevi problemi allora come pensi che ora, che sei oltre i 40, tu possa non averne? Ma stai a casa, con tutti i chili in soprappeso che hai, non ce la farai mai! Sai solo spendere soldi inutilmente! Lo diceva anche il tuo Maestro che l’attività sportiva sottrae energia e tu ti metti a farla! La prossima volta stai zitto e ricordati che il tuo corpo è più vecchio di quello che tu credi! Ormai sei nella fase calante, quella in cui la tua mente crede di poter fare cose che il tuo corpo non ti consente più!”
E via di conseguenza.
Tuttavia una mia caratteristica mi venne in aiuto: quella di non mollare l’osso facilmente per dimostrare a me stesso che sono un guerriero.
Così 2 giorni dopo mi bardai di nuovo con tutto il mio abbigliamento “tecnico” e, molto meno orgogliosamente, uscii di nuovo di casa sulla stessa triste strada della volta precedente.
Ovviamente nel frattempo tutti coloro che mi circondano e erano venuti a conoscenza della mia “impresa”, avevano avuto la loro da dire su cosa e come avrei dovuto fare: quelli più vecchi sul fatto che era normale che col tempo ci fossero dei problemi fisici, specie per chi non correva da anni; forse sarebbe stato meglio dedicarsi alla bicicletta, al nuoto; invece dai coetanei avevo ricevuto prese in giro di ogni genere.
Fatto sta che quei 4 maledetti minuti quel giorno diventarono 6 che, pur non valendo nulla per nessun atleta, io decisi di considerare come il 50% in più del mio record precedente.
Da quel momento cominciò una costante e continua “competizione” con me stesso che mi portava ad essere sempre più auto-motivato da quei piccoli incrementi di tempo che riuscivo ad ottenere.
Pian piano gli incrementi divennero anche di spazio, cominciai a correre in alcuni sentieri in un parco piuttosto che nei boschi, e a considerare il raggiungimento di un tal cespuglio o di un tal albero come un traguardo soddisfacente.
Nel frattempo dovetti anche imparare che a volte dovevo fermarmi, anche per giorni o per settimane e questo mi abbatteva sia nei traguardi che nel morale.
Spesso fui obbligato a ripartire da quei 4 minuti perché il mio ginocchio di più non riusciva a gestire, spesso fui costretto ad accettare che il fiato a volte mancava, che se avevo dormito male non avevo la stessa resa di quando ero riposato, che se ero stressato correvo molto meno.
Da quel momento negli anni più volte ho ricominciato da zero ma ho sempre ritrovato la motivazione di continuare per dimostrare a me stesso che ce la posso ancora fare, ogni volta.
Considerando che sono un individuo pigro di natura, tendenzialmente soprappeso e con una discreta predisposizione al rimandare a domani ciò che posso fare oggi, mi considero sostanzialmente soddisfatto di questi risultati.
In verità la motivazione è anche un’altra, cioè ho scoperto che correre, soprattutto nei boschi e nel verde è per me una vera fonte di autoguarigione, un ottimo modo di de-stressarmi dalla mia intensa vita lavorativa e familiare, un regalo che faccio a me stesso e che mi fa sentire orgoglioso di aver vinto la mia pigrizia.
Grazie alla corsa ho potuto anche ricominciare a nuotare, ad andare in bici, a camminare (cosa che non sempre mi piace fare) con l’unico limite del poco tempo che ho a disposizione.
Sono assolutamente certo che senza la corsa avrei avuto molti più problemi fisici, molto più affaticamento mentale, molto meno disponibilità emozionale.
La corsa è diventata una sorta di meditazione in movimento, una cosa che mi piace fare da solo e come omaggio al mio Spirito, un modo per dimostrargli che cerco di mantenere il corpo che mi è stato affidato in buono stato e di rispettarlo.
Ogni volta che supero la mia pigrizia, la mia stanchezza, i miei blocchi mentali e mi vesto andando a correre sento di stare vincendo su quella parte oscura che mi fa trovare così impegnativa la mia strada.
Ogni volta mi sento un guerriero, un vincitore, realizzato.
Non è necessario, per me, andare a fare maratone, correre con altri, pormi obiettivi di gruppo per sentirmi bene, la competizione con me stesso è enormemente più funzionale, utile e produttiva.
Se non avessi avuto la corsa in certi momenti avrei potuto far danni a me stesso e ad altri.
Magari per ognuno è diverso: chi ha la bicicletta, chi ha il nuoto, chi ha il golf, chi, semplicemente, cammina.
Avrei potuto scrivere il Tao della bici, del nuoto, del golf, dell’arrampicata: non avrebbe fatto alcuna differenza.
Il concetto è: combatti la pigrizia, supera i tuoi limiti, stai nella natura (alcuni la chiamano boscoterapia); è certo che starai meglio.
Un amico ha avuto un grave problema che lo stava portando alla fine, i medici lo davano quasi per spacciato, un braccio era completamente paralizzato, insomma un disastro, considerata la giovane età.
Ad un certo punto non ha più ascoltato nessuno, è andato nei boschi a giocare a soft ball e, gradatamente, ha ricominciato a muovere il braccio ed ha parzialmente ripreso l’uso della mano, la malattia si è stabilizzata, lui è più felice perché ha fatto proprio quello che voleva fare (queste sono state le sue parole).
Provo grande rispetto per lui perché ha saputo non farsi condizionare dalle parole di tutti coloro che lo circondavano, ha cercato ciò che lo faceva stare bene e ci è riuscito.
Quanti, invece, non lo faranno mai o lo capiranno troppo tardi?
Allora, considerato il rischio, e la nostra vocina interiore ce lo dice continuamente di cambiare, perché aspettare?
Camminare, correre, nuotare, pedalare, strisciare, arrampicare, salire sugli alberi, pattinare, va tutto bene.
Tutto ciò può essere il nostro TAO personale.