La Chanson della ragazza stramba

Sono stato con una ragazza stramba,
forse sarà perché mi piaceva la sua gamba,
di certo perché era a volte tenera come una bimba,
e così io mi sono innamorato
e qualche strano motivo ci sarà pur stato.
Ah, forse adesso l’ho capito:
è stata la magia del primo acchito,
certo più per lei che non per me,
già dallo sguardo avevo intuito che,
prima prendo il largo e meglio è!
Eppure ci son stato insieme quasi un anno,
riportando anche qualche indubbio danno,
lei era bizzarra ed incostante,
e questo non sempre è stato divertente.
In quei grandi occhi nocciola la osservavo,
e la sua tristezza più profonda respiravo,
la nostalgia velava quel suo dolce sguardo,
ed è per questo che son qua a fare il bardo!
Lei mi ha dedicato una canzone,
che sembrava più un calcio in un coglione,
si dicevano delle cose lì, di noi,
di cui non capiva il senso neanche lei.
Parlava sia di pace sia di amore,
ma non durava mai più di due ore,
eppure il suo sorriso era pura medicina,
ma solo se si alzava riposata la mattina!
Se invece usciva stanca dalla tana,
restava di cattivo umore per una settimana,
e quando cercavo di farla un po’ calmare,
rischiavo invece di farmele suonare.
Andava avanti ore a protestare,
il telefono dall’orecchio dovevo allontanare,
dopo una settimana insieme ha cominciato,
a dire che per colpa tua non ho dormito!
Le ho chiesto di venire a vivere con me,
ad avere dei bambini che problema c’è,
mi ha risposto che non mi amava come prima,
e ora son qui a fare questa brutta rima!
Eppure questa ragazza stramba,
che per la felicità muoveva la sua gamba,
aveva un cuore così grande e zuccheroso
che la smettevo sempre di fare lo scontroso.
L’ho amata andando ben oltre me stesso,
anche se poi tutto è finito nel cesso,
me la ricorderò ancora per parecchio,
la cercherò forse in fondo ad uno specchio,
perché anche se mi ha fatto così soffrire,
io l’ho amata e ancora l’amo da morire!
Questa è la chanson della ragazza stramba
e racconta la storia di quando era felice e muoveva la sua gamba

Multidimensionalità

Dopo tanti anni di percorso iniziatico alla scoperta dell’Universo e di me, in questi giorni sto avendo accesso alla multidimensionalità…il “passato” si fonde con il presente e continui momenti di ricapitolazione si presentano davanti a me…avvenimenti di anni prima in cui non ho ascoltato il mio intuito, e che hanno enormemente modificato la mia vita, mi si rendono palesi e posso seguire il filo conduttore delle scelte e decisioni che mi hanno portato ad essere quello che sono oggi…non ho rabbia, non ho paura, non provo delusione: solo comprensione di ciò che ho scelto……..d’ora in poi, dopo questa consapevolezza, non mi resta che seguire il mio intuito senza farmi domande, senza pensare, con totale affidamento allo Spirito, incurante di chi mi giudica, di chi non mi capisce, di chi non mi vuole, di chi non fa più per me e soprattutto di chi non sa riconoscere che l’intuito e le sincronicità ti illuminano la strada e, se non le segui, ci penserà la tua mente/Ego distruttore-separato/O.N. a spingerti fuori dalla Tua Via…grazie ai Fratelli e le Sorelle che mi hanno aiutato ad essere qui oggi anche se la durezza di quanto ho passato mi ha quasi fatto impazzire…senza di Voi e il vostro Servigio (a volte spietato) e Amore non c’è avrei fatta…ora mi posso lanciare nell’Infinito con più coraggio e consapevolezza e volare libero, perché, finalmente, mi sono ricordato Chi Sono e il mio Potere è di nuovo qui con me, più forte di prima…

L’Amore ha perso, ma io non ho più paura

Ho raccolto i cocci del mio cuore e li ho ricomposti tenendoli stretti tra le mani, con la fiducia di un bambino te li ho porti, ho ascoltato la mia anima che mi ha mostrato chi potevi essere e te l’ho sussurrato, ho parlato alla tua mente per toglierle importanza, ho lasciato che l’Amore si prendesse ancora una volta il mio spazio, ho ricomposto gli argini delle tue paure fino a che ho potuto, tenendo a freno le mie, sono riuscito a dire ancora una volta un TI AMO, ma niente di tutto ciò è servito a darmi null’altro di più che un nuovo sfregio che penetrando attraverso il cuore arriva sino all’Anima… e che, si, si cicatrizzerà prima o poi, ma il cui unico effetto sarà di lasciare una inutile medaglia al valore da consacrare al dolore…e con l’amaro sentore di una vaga consapevolezza che sto perdendo la mia battaglia di dimostrare che in questo mondo la sofferenza è superata dall’Amore…cosa potrò mai dire ai miei figli che li aiuti a trovare un percorso meno duro del mio? Alla fine cosa ho imparato? Forse un’unica cosa: che sono un guerriero che sa di combattere una battaglia persa, ma che onora il suo essere guerriero fino in fondo per il puro ed unico piacere di farlo…e se poi anche cadrò nell’oblio avrò’ per un attimo svolto quello che so fare, anche se lo saprò’ solo io…e volerò’ via con un sorriso perché avrò rispettato la mia essenza…perché io sono un samurai di alto lignaggio…il mio nome è Taro Yoshishima e non ho più paura…

L'illusione

Io passo sottile come un alito di vento
Io passo
E mentre te ne accorgi già non è più
Il mondo nulla sa di me eppure Io Sono
Io Sono, sono stato e sarò
Eppure il mondo nulla sa di me,
altri verranno a continuare l’Illusione
l’illusione che non si può fermare
che prende forza da padre in figlio
nutrita meglio di un figlioletto in grembo alla madre.
Così all’infinito l’illusione di noi stessi
si nutre di noi.

Gabbie


Mutevoli gabbie per lo più invisibili
Mutevoli forme per le nostre catene
Mutevoli inganni per le nostre menti
confortano invano le nostre paure.
Lassù, speriamo, un occhio vigile ci osserva
mentre una mano paterna ci ricopre
e ci protegge da ogni vergogna.
Gabbie anch’esse,
illusioni distorte di una triste realtà
che abbiamo creato
per darci effimere sicurezze.
Nessun paletto ci sostiene
realmente
perché noi non-siamo.
La nostra forma è quanto di più
ingannevole rappresentiamo di noi stessi.
Gioia e dolore
gusto e odore
ignoranza e sapere
abbiamo creato per darci un senso.
Ma, infine, cosa resta di tutto ciò?
L’ologramma di noi stessi che si consuma
pian piano
non appena cesserà l’esistenza
di chi ci ha conosciuti.
Ora e prima e dopo
nulla di tutto questo ha veramente senso.
Siamo solo energia che
fino a prova contraria
si rigenera in eterno.
Allora incoraggiamo il flusso e lo svolgersi
dell’Universo
che ci porta con sé
verso nuove avventure.

Il fuoco inestinguibile


Lo sento sgorgare dall’interno di me,
a volte è spesso e liquido,
altre leggero e volatile.
Quando comincia a svolgersi
è inarrestabile.
Mi porta, mi spinge, mi sostiene
Mi da forza, passione e desiderio
Punta verso l’obiettivo diretto come un fuso,
marcia verso di esso senza esitazioni,
travolge le altre passioni con meno cuore
e mi solleva fino all’altare di me stesso
davanti agli occhi del mio Spirito.
Ah, se non ci fosse il fuoco!
Per fortuna c’è sempre stato ed io so
nelle mie + recondite interiorità che sarà ancora lì,
inestinguibile. Grazie, fuoco

Libertà


Le canzoni parlano di libertà,
i libri si riempiono di parole di libertà,
non si contano coloro che hanno dato la loro vita
per la libertà,
la gente anela la libertà,
chi dice che la tua finisce dove inizia
quella degli altri,
chi si sente libero volando
chi scrivendo,
chi parlando,
chi esprimendo le proprie idee,
chi viaggiando,
chi dedicandosi agli sport estremi,
chi arrampicando,
chi giocando,
chi andando in vacanza,
chi cambiando lavoro
chi moglie o marito,
chi camminando nei boschi,
chi facendo il nudista,
chi facendo l’amore,
chi cantando,
chi urlando,
chi chi chi …
Qualcuno (molti) cerca di definirla ma
questo serve solamente a darle dei confini.
Altri danno la colpa di non averne
al sistema politico, sociale, economico.
Ma, allora, cos’è questa libertà?
Qualcosa che possiamo definire oppure
un concetto astratto che per ognuno ha un
diverso significato?
Possiamo pensare di lasciare ad ognuno
Il diritto di scoprirla per se medesimo?
E, ancora:
è cosa di questo mondo la libertà?

Spirito


Dove sei?
Ti cerco ma spesso non ti trovo.
Ti voglio ma solo con una parte di me.
Ti vedo Luce dalla mia Ombra.
Ti vedo Sole dalla mia Terra.
Ti sento Nulla dal mio tutto
Ti sento Vuoto dal mio Pieno
e Pieno dal mio Vuoto.
Ti odoro fiore da me ape
Ti annuso lavanda e mi riempi le narici
Ti tocco in me,
nel mio corpo fatto Tempio.
Ti sfioro la notte mentre dormo
eppure mi sfuggi al mio risveglio.
Ti bramo e tu vergine scontrosa mi rifiuti.
Ti cerco nella bellezza ma tu mi suggerisci
di cercarti nel fango e nella vergogna.
Tu Luce nel mio cuore e nella mia testa,
Imparerò mai a trovarti dentro di me?

Un corpo


Un corpo trova la sua realizzazione nel contenere un cuore che Ama e si emoziona e nell'essere contenuto da un'Anima dalla quale si lascia guidare.. Un cuore che batte 2 volte per nutrire un Noi, una Lacrima sacra che scende per bagnare 2 volti, un'Emozione profonda che vibra in 2 addomi, una Luce Divina che accende 2 Anime.. 1 sola lettera dolce nel cuore, nella mente, nell'anima...

L'amore


Non voglio accontentarmi di niente di meno di quanto ho avuto dall'Amore..niente sesso, attrazione, istinto, scambiati per cio' che non sono..niente e' paragonabile alla pienezza dell'Amore che contiene romanticismo, attrazione, vibrazione, gentilezza, dolcezza, quel po' di selvaggio, tornare a sentirsi ragazzini, mani nelle mani, occhi negli occhi, cuore a cuore, alchimie di sguardi, parole, posture, dita tra i capelli, sfregare di nasi, aderenza di corpi, mani, labbra e lingue che percorrono nuove linee e curve, bocche che si nutrono tra loro passando cibo, fluidi, amore liquido ..mani che danno calore e energie, occhi che luccicano e si riflettono, muri, tavoli, sedie, lavandini, davanzali, porte che hanno storie da raccontare a volte un po' rudi e spesso tenere, condivisione di maglie, asciugamani, bicchieri, sigarette...grazie a Dio ho avuto tutto questo ..e adesso ne voglio ancora...

Fuori dal sogno fuori dal gregge


Io, straniero, in pratica, e indigeno del Mondo, cerco me stesso di volta in volta in paradisi artificiali, in luoghi più o meno lontani, nella lotta e nella ribellione, nell’apatia e nella tentazione, nei limiti autoimposti e nella ragione, nella paura e nella rassegnazione.
Ma non è lì che puoi trovarli, amico mio.
Guardo le donne che mi attraggono, cominciano ad avere rughe sul viso e occhi vissuti, seni un po’ cadenti e anni passati ed è lì, per la prima volta, che vedo i riflessi di me. Dovrei essere più forte e resistere alle tentazioni, di smetterla di rifugiarmi, nei mondi romanzati, film e nella fantasia. Dovrei scendere dalle nuvole dove sono salito e dove posso “essere” in una realtà più simile a me.
Dovrei essere più responsabile, più serio, più realista e lasciare andare per sempre quei sogni in cui io sono l’artefice della mia esistenza, un’esistenza in cui sono l’eroe, faccio ciò che desidero, sono ciò che voglio essere. E nulla me lo impedisce!
Né la situazione economica, né la famiglia a carico, né il dimostrare ai miei genitori, alla mia famiglia, a chi mi circonda che, finalmente, ho smesso di fare il matto, sono diventato uno del gregge. E, mentre i miei capelli bianchi aumentano, ancora una volta, invece, inevitabilmente, esco dal gregge…per fuggire…per capire…per cercare un’altra parte di me…

Il TAO della corsa


Ho rischiato ed ho investito i soldi che occorrevano a comprarmi prima un paio di scarpe da corsa, poi un paio di pantaloncini, dei fantasmini e una maglietta traspirante, ovviamente tutto materiale tecnico, come era spiegato nei dettagli all’interno del magazzino sportivo. Il rischio stava nel fatto che non avevo la più pallida idea se avrei corso per 5 minuti per poi lasciare subito perdere oppure se esisteva qualche possibilità che la faccenda diventasse continuativa.
Mi dicevo, come al solito, che forse avrei dovuto fare come la maggior parte delle persone e che queste mi avrebbero considerato per lo meno avventato se avessero saputo che mi ero comprato l’attrezzatura senza aver prima provato un po’ di volte. Peraltro lo avevo già fatto molto tempo prima con gli imbraghi da arrampicata, rimasti per anni in cantina prima che scoprissi che ormai erano stati superati da altri più funzionali e che quelli di quel tipo non li usava più nessuno (mi era stato anche detto con un tono vagamente di disprezzo). Tutto ciò non mi aveva fatto desistere, comunque.
Avevo rischiato lo stesso.
Quindi, tornato a casa, avevo messo le scarpette, indossato maglietta e pantaloncini ed ero partito fiducioso sulla strada del paese dove all’epoca vivevo, cominciando a scaldarmi camminando per poi cominciare a corricchiare dopo qualche minuto. La mia prima uscita fu disastrosa: dopo 4 minuti ero fermo e zoppicavo a testa bassa sulla strada del ritorno a casa, vergognandomi come un cane per avere pubblicizzato la ripresa dell’attività sportiva a mezza famiglia, nemmeno fosse tornato a correre il “Figlio del Vento”.
Mentre mestamente tornavo indietro, la mia mente risuonava di rimproveri:
“Non ti ricordi che l’ultima volta che hai provato a correre ti faceva male il ginocchio, proprio come adesso? Non ti ricordi che sono passati almeno 15 anni e se avevi problemi allora come pensi che ora, che sei oltre i 40, tu possa non averne? Ma stai a casa, con tutti i chili in soprappeso che hai, non ce la farai mai! Sai solo spendere soldi inutilmente! Lo diceva anche il tuo Maestro che l’attività sportiva sottrae energia e tu ti metti a farla! La prossima volta stai zitto e ricordati che il tuo corpo è più vecchio di quello che tu credi! Ormai sei nella fase calante, quella in cui la tua mente crede di poter fare cose che il tuo corpo non ti consente più!”
E via di conseguenza.
Tuttavia una mia caratteristica mi venne in aiuto: quella di non mollare l’osso facilmente per dimostrare a me stesso che sono un guerriero. Così 2 giorni dopo mi bardai di nuovo con tutto il mio abbigliamento “tecnico” e, molto meno orgogliosamente, uscii di nuovo di casa sulla stessa triste strada della volta precedente.
Ovviamente nel frattempo tutti coloro che mi circondano e erano venuti a conoscenza della mia “impresa”, avevano avuto la loro da dire su cosa e come avrei dovuto fare: quelli più vecchi sul fatto che era normale che col tempo ci fossero dei problemi fisici, specie per chi non correva da anni; forse sarebbe stato meglio dedicarsi alla bicicletta, al nuoto; invece dai coetanei avevo ricevuto prese in giro di ogni genere. Fatto sta che quei 4 maledetti minuti quel giorno diventarono 6 che, pur non valendo nulla per nessun atleta, io decisi di considerare come il 50% in più del mio record precedente.
Da quel momento cominciò una costante e continua “competizione” con me stesso che mi portava ad essere sempre più auto-motivato da quei piccoli incrementi di tempo che riuscivo ad ottenere.
Pian piano gli incrementi divennero anche di spazio, cominciai a correre in alcuni sentieri in un parco piuttosto che nei boschi, e a considerare il raggiungimento di un tal cespuglio o di un tal albero come un traguardo soddisfacente. Nel frattempo dovetti anche imparare che a volte dovevo fermarmi, anche per giorni o per settimane e questo mi abbatteva sia nei traguardi che nel morale. Spesso fui obbligato a ripartire da quei 4 minuti perché il mio ginocchio di più non riusciva a gestire, spesso fui costretto ad accettare che il fiato a volte mancava, che se avevo dormito male non avevo la stessa resa di quando ero riposato, che se ero stressato correvo molto meno.
Da quel momento negli anni più volte ho ricominciato da zero ma ho sempre ritrovato la motivazione di continuare per dimostrare a me stesso che ce la posso ancora fare, ogni volta.
Considerando che sono un individuo pigro di natura, tendenzialmente soprappeso e con una discreta predisposizione al rimandare a domani ciò che posso fare oggi, mi considero sostanzialmente soddisfatto di questi risultati.
In verità la motivazione è anche un’altra, cioè ho scoperto che correre, soprattutto nei boschi e nel verde è per me una vera fonte di autoguarigione, un ottimo modo di de-stressarmi dalla mia intensa vita lavorativa e familiare, un regalo che faccio a me stesso e che mi fa sentire orgoglioso di aver vinto la mia pigrizia. Grazie alla corsa ho potuto anche ricominciare a nuotare, ad andare in bici, a camminare (cosa che non sempre mi piace fare) con l’unico limite del poco tempo che ho a disposizione.
Sono assolutamente certo che senza la corsa avrei avuto molti più problemi fisici, molto più affaticamento mentale, molto meno disponibilità emozionale. La corsa è diventata una sorta di meditazione in movimento, una cosa che mi piace fare da solo e come omaggio al mio Spirito, un modo per dimostrargli che cerco di mantenere il corpo che mi è stato affidato in buono stato e di rispettarlo. Ogni volta che supero la mia pigrizia, la mia stanchezza, i miei blocchi mentali e mi vesto andando a correre sento di stare vincendo su quella parte oscura che mi fa trovare così impegnativa la mia strada.
Ogni volta mi sento un guerriero, un vincitore, realizzato. Non è necessario, per me, andare a fare maratone, correre con altri, pormi obiettivi di gruppo per sentirmi bene, la competizione con me stesso è enormemente più funzionale, utile e produttiva.
Se non avessi avuto la corsa in certi momenti avrei potuto far danni a me stesso e ad altri. Magari per ognuno è diverso: chi ha la bicicletta, chi ha il nuoto, chi ha il golf, chi, semplicemente, cammina. Avrei potuto scrivere il Tao della bici, del nuoto, del golf, dell’arrampicata: non avrebbe fatto alcuna differenza. Il concetto è: combatti la pigrizia, supera i tuoi limiti, stai nella natura (alcuni la chiamano boscoterapia); è certo che starai meglio. Un amico ha avuto un grave problema che lo stava portando alla fine, i medici lo davano quasi per spacciato, un braccio era completamente paralizzato, insomma un disastro, considerata la giovane età.
Ad un certo punto non ha più ascoltato nessuno, è andato nei boschi a giocare a soft ball e, gradatamente, ha ricominciato a muovere il braccio ed ha parzialmente ripreso l’uso della mano, la malattia si è stabilizzata, lui è più felice perché ha fatto proprio quello che voleva fare (queste sono state le sue parole). Provo grande rispetto per lui perché ha saputo non farsi condizionare dalle parole di tutti coloro che lo circondavano, ha cercato ciò che lo faceva stare bene e ci è riuscito.
Quanti, invece, non lo faranno mai o lo capiranno troppo tardi? Allora, considerato il rischio, e la nostra vocina interiore ce lo dice continuamente di cambiare, perché aspettare? Camminare, correre, nuotare, pedalare, strisciare, arrampicare, salire sugli alberi, pattinare, va tutto bene. Tutto ciò può essere il nostro TAO personale.

Emilia e Alessia


Si vergognava un po’, ma la sua voglia si faceva ogni giorno più intensa, ormai faceva fatica a non pensarci costantemente . Solo durante il lavoro riusciva in rari momenti a concentrarsi su ciò che stava facendo, ma con grande sforzo. Certo, non lo aiutava il fatto che le due fossero ospiti dello stesso istituto in cui svolgeva la sua opera di volontariato. Si chiamava Matteo, aveva 28 anni e stava facendo tirocinio per diventare infermiere, dedicandosi nel tempo libero a diversi lavori per gli ospiti dell’istituto. L’istituto era una vera perla nel suo genere e non solo tra i tanti simili che esistevano nel sud della Germania. Nella Foresta Nera in uno scenario unico tra alberi centenari , laghetti e i prati verdi molto ben tenuti della clinica, si era fatto un nome fin dagli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale.
Lì confluivano i casi disperati, le persone che in altri posti venivano rifiutate e, non ultimi, quelli di cui ricchi genitori si volevano liberare, mantenendo quieta la propria coscienza in virtù del fatto di averli lasciati nella miglior struttura esistente. Questo era il caso delle due bellissime Emilia e Alessia, ventunenni, ospiti dell’istituto da quasi quindici anni. Dopo così tanto tempo il tedesco era ormai diventato la loro prima lingua, mentre la conoscenza dell’italiano, il loro idioma originale, se ne era pian piano andato insieme ai loro genitori.
Questi, infatti, venivano a trovarle solamente una volta al mese, incapaci di sopportare la menomazione assurda che aveva colpito le due ragazze ed anche di averle rinchiuse lì, lontane dal mondo perfetto dei loro genitori. Matteo, anche lui di origini italiane, aveva passato con loro molto tempo negli ultimi due anni, prima a causa della loro lingua comune, e poi, poco alla volta, grazie agli interessi comuni che riguardavano la lettura, la filosofia e l’arte. Senza quasi accorgersene era passato dal cercare un modo di rendere più piacevole il proprio lavoro e di aiutare le due povere ragazze, alla dipendenza da quelle due ore quotidiane che passava con le gemelle.
Emilia era bruna come la sorella, con un viso incantevole come lei ed appassionata di letture di ogni genere, dal romanzo ai classici. Alessia aveva grandi occhi verdi ed una bocca carnosa, i capelli corti, diversamente dalla sorella e amava la filosofia e l’arte. Con lei passava a discutere lo stesso tempo che con Emilia si soffermava a parlare di libri.
Il suo tempo con le due era infatti diviso esattamente a metà e tutti e tre erano contenti così.
Ma adesso per Matteo queste due ore erano diventate così brevi da non veder l’ora che arrivasse il giorno successivo. Non avrebbe saputo esattamente dire quando il suo desiderio di passare più tempo insieme a loro si era trasformato da intellettuale in qualcos’altro che si allocava circa ottanta centimetri più in basso della fronte.
Spesso la notte si svegliava sudato e agitato dopo aver sognato di fare l’amore con le due sorelle, sognava i loro massaggi, le loro bocche che avvolgevano il suo sesso o che lo baciavano contemporaneamente sulle labbra, le orecchie, il petto. Si sentiva terribilmente in colpa per questo, si diceva che non era giusto, che per etica professionale non avrebbe dovuto avere questo genere di pensieri, persino che era illegale.
Si sentiva un malato, un pervertito, un degenerato. Tuttavia ogni notte questo genere di sogno si ripeteva e lui non riusciva ad impedirlo, anzi, aveva persino cominciato a visualizzare quelle scene anche ad occhi aperti, mentre si trovava con loro.
Una volta aveva addirittura avuto un’erezione e gli era anche parso che Emilia e Alessia se ne fossero accorte. Allora aveva subito tirato il camice verso il basso e fatto finta di niente, vergognandosi come un ladro. Sul momento le due sorelle non sembravano essersi accorte di nulla, ma nei giorni successivi gli era più volte sembrato che entrambe lanciassero rapidi sguardi verso il punto dove era avvenuto il fattaccio.
Mentre una parte di lui rifiutava quell’attrazione “perversa”, l’altra, quella che invece la accoglieva con un piacere prepotente, aveva subito un forte attacco quando un giorno, forse per caso, si era sfiorato con le due sorelle. Soprattutto l’aveva mandato in crisi il fatto che loro non si fossero minimamente scomposte né tanto meno spostate.
Anzi, successivamente questo episodio si era ripetuto per diverse volte, per di più con un accompagnamento di sguardi profondi da parte delle due. Finché Emilia una di queste occasioni durante un contatto “casuale” (ormai non credeva che lo fosse) lo aveva accarezzato su una guancia, mentre Alessia gli sfiorava la schiena.
Matteo aveva avuto una vertigine e gli sembrava quasi di essere in uno dei suoi sogni.
Dopo qualche secondo però si era prontamente ripreso e, a sua volta accarezzando le loro mani, si era allontanato, sconvolto, biascicando appena un incomprensibile saluto.
Quella notte non era riuscito a dormire per nulla, ad occhi aperti aveva sognato quell’episodio e gli infiniti sviluppi che avrebbe potuto avere. Il giorno dopo quando si era trovato solo con le due, tenendo gli occhi bassi, aveva detto a bassa voce: “Vi chiedo scusa, io non dovrei fare quello che ho fatto, dovrei avere un maggiore rispetto di voi”
Emilia aveva risposto subito con la voce piena di dolcezza: “Tu non hai fatto proprio nulla, siamo state noi a cercarti perché tu ci piaci molto e ci piacerebbe tantissimo fare all’amore con te!”
Matteo era rimasto senza parole e con un’espressione ebete in volto.
Ma non aveva ancora avuto il tempo di riprendersi che l’altra sorella, Alessia, aveva continuato: “Non so se mai qualcuno vorrà fare all’amore con noi, ma, se tu volessi, è con te che vorremmo farlo per la prima volta!” concludendo la frase con la voce un po’ rotta dall’emozione. “Cosa ne pensi?” concluse il discorso Emilia
Matteo ancora sconvolto, aveva quindi deciso di gettare la maschera e aveva detto: “Anche io vi desidero e anche molto, ma come potrei fare questo nella mia posizione?”
“A questo abbiamo pensato noi! – aveva detto Alessia – basta che ci facciamo dare un permesso di uscita per una gita e poi verremo a casa tua!” Matteo ci aveva pensato un po’ su e poi con la voce emozionata aveva risposto: “Va bene, possiamo fare così” Le sorelle lo avevano abbracciato e baciato, felici come lo era lui.
Pochi giorni dopo il sogno di Matteo si era realizzato e fu bellissimo esattamente come aveva immaginato. Anche per Alessia e Emilia era stato bellissimo al punto che gli chiesero di continuare i loro incontri, fino a che divennero un’abitudine quasi quotidiana. All’istituto nessuno aveva da ridire che un volontario si occupasse con tanta dedizione alle due giovani ospiti e i genitori sembrarono appena accorgersi nella loro visita di routine che le ragazze sembrassero così felici.
Fino a che un giorno le due giovani rivelarono ai genitori che si erano innamorate e che si volevano sposare con Matteo. La cosa non venne subito accettata con serenità, ma alla fine i genitori decisero di aiutarle. Purtroppo la legislazione della Germania non consentiva loro il matrimonio e, tantomeno, quella dell’Italia, così i tre presentarono istanza a Bruxelles presso la Comunità Europea, dalla quale vennero ricevuti dopo qualche mese.
Finalmente, dopo un anno di peregrinazioni e plichi enormi di documentazioni, ottennero l’autorizzazione a sposarsi: per la prima volta due gemelle unite nel dorso e separate solo per collo e testa poterono unirsi in matrimonio con un uomo, singolo, in nome dell’Amore.

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